Il day after della politica
15/12/2016
FELICE DE SANCTIS - San Nicola vien dal mare e l’ospedale se ne va in collina. L’amara battuta di un amico è sintomatica di una situazione di (voluta) indifferenza di buona parte della politica locale, ma anche di quell’opinione pubblica distratta da false promesse per nascondere una triste verità: la prossima chiusura dell’ospedale di Molfetta. Pur di non disturbare il manovratore Emiliano, molti politici locali, in attesa di qualche prebenda, sacrificano l’ospedale “Don Tonino Bello” in nome di una “necessaria politica dei tagli” e preferiscono “accontentarsi” di poco “per non perdere tutto”. Un comportamento sconsiderato, che è stato il primo passo verso la crisi amministrativa che, al di là delle false motivazioni politiche e della mancata determinazione a restare al suo posto del sindaco Natalicchio, è stata provocata da due fattori: ospedale e urbanistica o più volgarmente, adattandosi alla situazione locale: edilizia. E il governatore (mai termine è stato più appropriato) della Puglia, ha concesso, su un piatto d’argento, la testa del sindaco ad Annalisa Altomare e quindi non poteva pretendere più nulla sull’ospedale e così l’ha ridotta al silenzio. Come ha, forse, promesso una presidenza (che ancora non arriva) al voltagabbana Saverio Tammacco, già uomo di destra e di Azzollini, che gli ha portato il suo pacchetto di voti, del quale, comunque, avrebbe potuto fare a meno. E così anche lui oggi tace o si allinea. Ma si sa, le promesse del gladiatore se le porta il vento. Questa politica scellerata ha condannato Molfetta a una lunga gestione commissariale, soffocando la neonata Paola nella culla, prima che potesse crescere. E dall’infanticidio politico, è nato il grande ciambotto che si sta già preparando per le prossime elezioni amministrative. La voluta ambiguità politica di Emiliano ha fatto il resto: tagli necessari, finiti i soldi non si può più fare il nuovo ospedale di I livello tra Molfetta e Bisceglie, visto che me lo chiedete, posso concedervi il contentino dell’accorpamento degli ospedali di Molfetta, Terlizzi e Corato in una di queste strutture (il giallo della scelta, già compiuta, non è stato ancora risolto, per evitare possibili reazioni), ma solo fino alla realizzazione dell’ospedale di Andria. E, in buona fede, in molti ci stanno cascando. Speriamo con tutto il cuore di sbagliarci, ma in 50 anni di mestiere giornalistico, ci siamo abituati alle disillusioni, soprattutto sul fronte politico. I politici locali continuano a fare la politica dello struzzo, a mettere la testa sotto la sabbia, a clonare dinosauri e “vecchie glorie” della politica, anche perché il mercato non sembra offrire di meglio. Ma la gente, che qualcuno crede distratta e rassegnata, ha cominciato a dare qualche segnale forte della voglia di cambiamento. La vittoria del NO (62,4%) contro il SI (37,6%) al referendum costituzionale con un’alta percentuale di votanti (il 56,7%) per una consultazione popolare non amministrativa, rappresenta una chiara avvisaglia, una voglia di partecipare e soprattutto di decidere, al di là degli schieramenti e dei pacchetti di voti. Ma sui tavoli dei politici “bottegai” nostrani, si giocano improbabili risiko con i pacchetti di voti che ciascuno crede di possedere e fioriscono liste civiche pronte a vendersi al miglior offerente con la propria presunta dote di voti acquistati o acquistabili. Uno scenario miserabile di scambio che la dice lunga sul possibile futuro amministrativo della città, mentre un esercito di candidati sindaci (non manca qualche riserva stagionata preferita dal solito allenatore improvvisato ma presuntuoso) si scalda a bordo campo, ma non scalda i cuori dei molfettesi. E monta il populismo selvaggio di chi vuole darsi una mossa, che ricorda solo la belle époque di Ninì Tirabusciò, a chi è pronto ad andare a incominciare e via una sfilza di simboli accompagnati da ridicoli manifesti di improbabili creativi, destinati a trasformarsi in boomerang come gli aeroplanini di Camporeale: Piazza pulita, Molfetta futura, Insieme per la città, Progetto Molfetta, Si può fare, Molfetta nel cuore, e scusate se abbiamo dimenticato qualcuno. Ecco perché la definizione di “ciambotto” attribuita da “Quindici” a impresentabili coalizioni, che vanno dal Pd al centrodestra, ci sembra quella più adatta a rappresentare questo brodetto con pesci diversi, ma con un’unica finalità: conquistare un posto al sole e magari anche qualche rendita politica. La copertina di Francesco Mezzina, che abbiamo scelto per questo numero, vuole rappresenta un’immagine carica di simboli che hanno pervaso quest’anno che muore: il muro, che vogliono innalzare questi i nuovi populismi; la torre, in cui si arroccano i vari egoismi dei nuovi leader; le finestre, da cui tutti noi ci affacciamo solo per guardare; la luce: solo quella del Natale. Siamo per natura ottimisti, ma un futuro a tinte fosche con un cielo nuvoloso e carico di pioggia dell’immagine di Mauro Germinario, sembra l’unico visibile all’orizzonte, se resta la situazione attuale. La gente si è stancata di sentire gli stessi discorsi: il porto dei miracoli incompiuto, divenuto porto delle nebbie, l’edilizia e la fame di suolo, gli impianti sportivi e le nuove piste di atletica, il rilancio del commercio mentre i negozi chiudono, il futuro della pesca mentre i pescherecci disarmano, la riscoperta dell’agricoltura col territorio assediato dal cemento, il turismo da marchette, ecc. In questi scenari dove i programmi si rincorrono nella loro vacuità, resta il deserto culturale e delle idee, mentre cresce la disoccupazione soprattutto giovanile e la povertà che aggredisce sempre più la classe media. E il day after della politica è già cominciato in Italia, nel mondo (perfino gli Stati Uniti si sono affidati all’ultimo Trump), a Molfetta. Manca l'educazione alla povertà che «è un mestiere difficile: per chi lo insegna e per chi lo impara», come ammoniva don Tonino Bello. «Ed ecco la povertà intesa come condivisione della sofferenza altrui. E' la vera profezia, che si fa protesta, stimolo, proposta, progetto. Mai strumento per la crescita del proprio prestigio, o turpe occasione per scalate rampanti», le profetiche parole del servo di Dio, che ci piace ricordare alla vigilia di un Natale triste per i giovani senza futuro, una generazione condannata dall’incapacità della politica di dare risposte concrete e soprattutto coraggiose. Ma il coraggio in questa città non paga, la mediocrità trionfa sull’eccellenza, come confermano le figure che si propongono di governarla con un salto indietro, nel buio. Come nella nostra copertina, ci affidiamo alla luce del Natale e alla speranza cristiana che non ci deve mai abbandonare, e che ci fa distinguere le false promesse, i ciarlatani dagli uomini nuovi che, forse, si nascondono ancora dietro le nuvole. QUINDICI – 15.12.2016 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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