Corruzione e familismo amorale
15/03/2010
FELICE DE SANCTIS La clientela era una associazione che legava un gruppo di persone di rango inferiore a un nobile, il patrono. In cambio di tutela e di assistenza giuridica, i clienti dovevano mostrare devozione al loro patrono, rendendogli numerosi servigi. Tra patrono e cliente esisteva un legame così forte che erano esentati dal testimoniare l'uno contro l'altro. L’esibizione di numerosi clienti da parte del patrono costituiva una fonte di prestigio e di potere di primaria importanza. Stiamo parlando della corruzione politica nell’antica Roma repubblicana raccontata nell’interessante volume di Luciano Perelli, “La corruzione politica nell'antica Roma. Tangenti malversazioni malcostume illeciti raccomandazioni” (Milano, Rizzoli, 1994). Il libro sembra raccontare l’Italia dei nostri giorni per le tante coincidenze relative alla corruzione legata alle strutture clientelari della società, all'esistenza di potentati personali al di fuori e al di sopra del potere legale, all'importanza e al prestigio della ricchezza come strumento indispensabile di dominio politico. Si parla di associazioni paramafiose (clientela e amicizia), corruzione elettorale e brogli, concussione e peculato, bustarelle, appalti e tangenti, vendita di posti e di cariche, corruzione dei giudici, potere delle raccomandazioni. La corruzione politica è un fenomeno che suscita reazioni contrastanti, di riprovazione e di condanna morale, ma al giorno d’oggi, quando l’esempio negativo viene dall’alto, si rischia di ricadere in un fenomeno di rassegnata accettazione, favorita da un bombardamento mediatico che punta a rendere non riprovevole, ma congenito (e forse anche storicamente o antropologicamente giustificato: sta nel nostro Dna) un fenomeno che dovrebbe, invece, suscitare una reazione di sdegno e di ribellione della parte sana della società. Il tornaconto personale, l'appartenenza a una famiglia, un clan, una corporazione professionale oggi prevalgono sul rispetto per il bene comune e l'interesse collettivo. Un professore anglosassone ha duramente criticato questa insufficienza etica degli italiani, definendola “familismo amorale”. «Preoccupanti episodi di corruzione morale, aggressività politica e accanimento mediatico hanno generato un clima politico denso di veleni e sospetti e un pesante crollo di fiducia dell'opinione pubblica nei confronti delle istituzioni». Sono parole di un uomo di Chiesa, l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha lanciato un allarme sullo stato della vita pubblica nel nostro Paese. E così, parlando di quel che servirebbe per «realizzare il bene personale e dell’intera società», Tettamanzi riparte semplicemente dai comandamenti che «tutti abbiamo imparato a memoria sin da piccoli: non uccidere, non fornicare, non rubare, non dire falsa testimonianza». La corruzione politica è diventata fisiologica (e quindi fenomeno marginale), la falsità regola, l'apparenza e la volgarità stile di vita, nel trionfo della mediocrità e dell’improvvisazione in tutti i campi, con una classe dirigente inadeguata e incapace. Oggi assistiamo a falsi rinnovamenti, finte riforme che in realtà sono eversive, necessarie solo a giustificare comportamenti illegali, favorendo il trionfo della legge del più forte. Ma quale primato della politica, ma quale appello a una presunta volontà popolare (manipolata da giornalisti servi del potere, che nascondono o filtrano i fatti, sostituendoli con i commenti) per dimostrare che qualcuno è più uguale degli altri? In democrazia, nello Stato di diritto, il primato deve essere solo della legge e della Costituzione. Sono questi i temi che vorremmo proporre alla riflessione collettiva alla vigilia di una consultazione elettorale regionale che, con l’episodio squallido del decreto salva-liste preteso dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per salvare i suoi candidati, Renata Polverini nel Lazio e Roberto Formigoni in Lombardia, esclusi per irregolarità nella presentazione delle liste, ha compiuto un altro passo verso la regressione politica e sociale del nostro Paese. Un decreto che sta suscitando molte polemiche in Italia perché in odore di anticostituzionalità e che è stato bocciato dal Tar del Lazio. Un decreto che arriva a violare la legge, anzi a creare una nuova legge che giustifichi la violazione di quella esistente. Dove stiamo andando? Questa lunga transizione politica rischia di riportare indietro il Paese di centinaia di anni, cancellando lo Stato di diritto, faticosamente conquistato e garantito da una Costituzione che oggi si vuole cancellare, per fare spazio alla delegittimazione del potere legislativo e giudiziario, a favore di uno Stato fondato su leggi ad personam e sulla corruzione fatta sistema. E la vicenda delle tangenti legate alla Protezione civile e a tutto il mondo che ruotava attorno a Bertolaso ne sono un esempio sintomatico e preoccupante. Queste riflessioni proponiamo alla vigilia di un voto importante con l’invito a scegliere uomini e partiti meno corrotti, di destra o di sinistra che siano, ma facendoci guidare dalla nostra coscienza, ultimo filtro sottratto alla manipolazione mediatica fortemente controllata dal potere, filtro che rappresenta la vera cartina di tornasole per giudicare chi delegare a rappresentarci nell’interesse collettivo e non in quello particolare. I fenomeni di corruzione della cosiddetta seconda repubblica sono peggiori di quelli scoperti nella prima grazie all’azione dei magistrati di “Mani pulite”, anche perché i corrotti hanno imparato la lezione e sono diventati più scaltri, ricorrendo a tecniche più complesse e più difficilmente individuabili e, in qualche caso, richiedono tangenti più alte, in nome di una maggiore esposizione penale. Insomma, oggi vincono i più furbi, non i più bravi, i mediocri non i migliori, che restano esclusi. Una volta chi veniva scoperto con le mani nella marmellata, veniva scaricato (ricordate Mario Tanassi e l’affare Lockheed), oggi la casta fa quadrato, non si dimette nessuno, non si ha più dignità, non si prova più vergogna (anche a Molfetta abbiamo il caso di Michele Palmiotti, assessore rinviato a giudizio che non si è dimesso, e, quel che è più grave, resta in carica col consenso del sindaco Antonio Azzollini). Così, in qualche caso, con modifiche normative ad hoc, un legislatore corrotto ha reso molto difficile per la magistratura la possibilità di fare indagini. E quando le piccole modifiche legislative, che hanno reso più farraginoso e complicato il lavoro degli inquirenti, non sono più sufficienti, si alza sempre di più il tiro, vedi la proposta di abolire le intercettazioni telefoniche e la pubblicazione delle indagini da parte della stampa. È a rischio la stessa democrazia, quando la corruzione diventa sistema e soprattutto quando alla corruzione materiale si aggiunge quella morale, ancora più pericolosa e che, purtroppo vede protagonisti anche alcuni giornalisti che deformano la verità ad uso e consumo del potere. È la corruzione delle coscienze, quella più subdola, che preoccupava già don Tonino Bello: «Penso che oggi – scriveva il nostro amato vescovo - la truffa più grossa non si compie sottraendo ma aggiungendo: aggiungendo apparentemente, è logico! Attenzione, aggiustate le bilance! Perché non si ruba solo quando si ricava profitto dalla merce. Si ruba anche quando si ricava potere sulle coscienze». Rassegnarsi al fatalismo, nella pigra accettazione di fenomeni deprecabili e da condannare senza riserve, può portarci veramente verso la decadenza. La questione morale, agitata con forza ai primi del Novecento dal nostro concittadino lo storico antifascista Gaetano Salvemini è più che mai attuale e richiede una rigida intransigenza, non una colpevole tolleranza. QUINDICI – 15/3/2010 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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