La città dell’illegalità diffusa
15/01/2012
FELICE DE SANCTIS - E così siamo arrivati al fatidico 2012, anno bisestile e da fine del mondo, per chi crede alle previsioni dei Maya. Comunque abbiamo tempo fino al 21 dicembre per organizzarci, intanto cerchiamo di affrontare con serietà i grossi problemi economici, molti dei quali eredità del governo Berlusconi. Il Cavaliere di Arcore, caduto in malo modo, costretto a dimettersi per evitare ulteriori brutte figure e il tracollo economico del Paese, per tutti questi lunghi 17 anni (anche nella durata ha confermato la sua fama di menagramo) non ha fatto nulla per migliorare le condizioni economiche dell’Italia, pensando solo ai suoi problemi personali, giudiziari ed economici, lasciando una pesante eredità al governo Monti. Chiunque al posto del professore milanese avrebbe declinato l’incarico in una situazione da far tremare i polsi. Ma il buon Mario ha preso la sua croce e sta portando avanti uno dei compiti più difficili dal dopoguerra in un’Italia di macerie. Ha cominciato bene, dicendo la verità agli italiani, quella verità sulla gravità della crisi, sempre negata dal cosiddetto governo liberale di Berlusconi, che di liberale non aveva nulla, ma di dirigista aveva molto. E ha dovuto proporre sacrifici, soprattutto ai soliti noti, lavoratori dipendenti e pensionati. L’urgenza della crisi non permetteva di allargare il cerchio agli ignoti evasori, per scovare i quali ci vuole più tempo. Ora obiettivo del governo è quello di riequilibrare e redistribuire la ricchezza, colpendo senza pietà l’evasione fiscale, vero cancro del Paese. Solo così i sacrifici dei lavoratori saranno accettabili, altrimenti c’è il rischio di rottura sociale e disordini. Certamente Berlusconi non sarebbe stato capace di affrontare un’emergenza economica internazionale ed è bene che se ne stia a casa a giocare al bunga bunga, che ora, non interessa più a nessuno. In 17 anni non è stata fatto nulla in Italia e anche a Molfetta, dove il suo vassallo Azzollini, s’è inventato il nuovo porto, per dimostrare di avere una politica amministrativa e distrarre i cittadini dai veri problemi. Il sindaco si è affidato a comunicati propaganda per cercare di dimostrare, prima ai suoi galoppini ignoranti e poi ai cittadini ingenui e creduloni, che si stava lavorando per il futuro dei loro figli. Mai menzogna è stata più grande! E la stampa libera ha non solo il diritto, ma il dovere di gridarlo, come facciamo in solitudine noi di “Quindici”, contro la disamministrazione e gli sprechi, che peseranno sulle tasche dei cittadini di Molfetta, come oggi pesano su quelle degli italiani. E tra i servi corifei, c’è chi si esercita a spiegare le ragioni della crisi, dall’alto della propria ignoranza in materia economica, pur di legittimare l’amministrazione di centrodestra che dis-governa la città. All’inizio dell’anno non si possono tracciare bilanci, ma se il buon giorno si vede dal mattino, l’alba del 2012 non è stata fra le più promettenti, con i prevedibili botti sparati dappertutto e in particolare nella storica Piazza Paradiso, lasciata in balia di teppisti e malavitosi, distraendo perfino le forze dell’ordine impegnandole a piazza Municipio per una manifestazione musicale comunale, alla quale hanno partecipato quattro gatti. “Quindici” lo ha dimostrato anche fotograficamente, al punto che poco prima della mezzanotte, gli organizzatori si sono affrettati a chiamare amici e conoscenti per riempire un po’ la piazza ed evitare il flop totale. Un altro spreco: quanto sarà costata questa iniziativa? E soprattutto quanto è costata a partecipante, visto l’esiguo numero dei “richiamati”? Ci chiediamo e chiediamo al sindaco (che, nella sua arroganza di potere solitario e antidemocratico che non accetta dibattiti e contraddittori, non risponderà): perché, come “Quindici” suggeriva, non ha fatto la manifestazione comunale in piazza Paradiso, evitando così che fosse saccheggiata ancora una volta? Perché non ha vietato i botti, come ha deciso il sindaco di Bari, Emiliano? Certo, non avrebbe risolto il problema, ma almeno avrebbe frenato un po’ la sparatoria e, quantomeno, creato un precedente, perfezionabile il prossimo anno. E come considerare, se non colpevole, la distrazione delle forze dell’ordine? Il problema della sicurezza non può essere sottovalutato, né possono essere tollerate le numerosissime illegalità: altro che mercato diffuso, Molfetta rischia di diventare la città dell’illegalità diffusa. Ne sono conferma gli atti di criminalità dei primi giorni dell’anno. In un solo giorno due scippi e una rapina nella stessa zona, non sono, forse, motivo di allarme, che solo “Quindici” continua a lanciare? Che fine ha fatto il promesso vertice dell’ordine pubblico? Il sindaco, impegnato come sempre a Roma, non ha tempo per organizzarlo. Lo faccia, allora di domenica, l’unico giorno in cui, per sua stessa ammissione, è a Molfetta a fare l’amministratore. E cosa fanno le forze di opposizione, tutte prese dalle loro divisioni e dalle pignole puntualizzazioni, che non portano da nessuna parte. Abbiamo già scritto sulle divisioni a sinistra e sulle trappole che hanno minato il percorso dell’unità che si sarebbe potuta contrapporre alla destra, che ha avuto buon gioco anche per queste fratture a sinistra. Ne avevamo parlato sul numero di “Quindici” di dicembre. Torniamo ora sull’argomento perché ci scrive la nostra lettrice Franca Carlucci (la lettera è arrivata in ritardo, purtroppo non possiamo ospitarla su questo numero, ma ne recuperiamo qui il senso), consigliera comunale nella prima amministrazione di Guglielmo Minervini per precisare quanto scritto da noi in quell’articolo in merito a presunte responsabilità di Rifondazione comunista sulla caduta del sindaco. Non sappiamo se, a causa di alcune vicende familiari che ci hanno visti coinvolti nel momento in cui scrivevamo, non siamo riusciti a rendere con chiarezza la nostra opinione. Ma quando parlavamo dei quattro gatti incapaci di governare, ma di fare solo danni, non ci riferivamo a Rifondazione, citata nel periodo successivo, o meglio ci riferivamo a quel partito non per il comportamento avuto all’epoca di Guglielmo, ma per quello che sta avendo oggi, appoggiando candidature di personaggi che già in quella prima amministrazione Minervini avevano creato problemi e divisioni. E, per essere più espliciti ci riferiamo a un personaggio dalla politica ambigua, capace solo di distruggere e non di costruire. Lei che era consigliera comunale, ricorda le sortite dello stesso in aula? E le battaglie di questi anni tutte mirate solo ad alcuni obiettivi trascurando altri (di amici?) e soprattutto personalizzate in base alle sue simpatie e antipatie? Che credibilità può avere un personaggio del genere, che oggi rischierebbe di far cadere un’amministrazione di centrosinistra, prima ancora di cominciare? In quanto a Rifondazione, come “Quindici” ha scritto in questi anni, non può escludere la propria responsabilità della mancata elezione al ballottaggio del candidato sindaco del centrosinistra dell’epoca Lillino Di Gioia, vincitore al primo turno. Chi ha aperto, allora, la strada al centrodestra e all’era Azzollini? Stesso discorso, e qui ci trova d’accordo, per chi ha determinato la caduta del secondo governo Minervini che oggi si ripropone come candidato. In conclusione, il centrosinistra è messo male a Molfetta e le attuali divisioni rischiano di prolungare l’era Azzollini, solo per demerito degli avversari. Ma questa, purtroppo, è la storia del centrosinistra, che “Quindici”, come lei riconosce, ha puntualmente raccontato in questi anni. QUINDICI - 15/1/2012 © Riproduzione riservata
Felice de Sanctis
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