Abbiamo smosso l’aria per 30 anni
15/01/2024

Smuoviamo l’aria, era questo lo slogan scelto a dicembre 1994 per lanciare con tabelloni pubblicitari raffiguranti un ventilatore il nuovo quindicinale cittadino con la testata registrata come “Quindici giorni a Molfetta”. Dopo alcuni mesi il periodico diventò mensile e la testata divenne “Quindici” e il ventilatore fu inserito nella Q ed è tuttora il nostro simbolo.
Per chi come noi è stato tra i fondatori del giornale e direttore ininterrottamente per questi 30 anni, l’attuale traguardo rappresenta una scommessa vinta e sulla quale pochi avrebbero puntato.

Da allora ne abbiamo smossa di aria e cerchiamo di continuare a farlo in un contesto sociale difficile. Siamo ancora qui a resistere all’usura del tempo e soprattutto dei costi e delle difficoltà crescenti che deve affrontare la carta stampata. Volevamo un giornale diverso, come intitolammo l’editoriale del nostro primo numero e nessuno può negare che ci siamo riusciti nel panorama editoriale cittadino e non.

L’idea di realizzare un giornale che avesse come obiettivi la verità, la libertà e la qualità, ci sembra di averlo perseguito e realizzato in questi anni con alterne fortune, restando un giornale scomodo per il potere, cercando di dire “quello che gli altri non dicono”, un altro nostro slogan che ha puntato non a fare informazione commerciale, sicuramente redditizia, ma non libera. Manteniamo l’orgoglio degli uomini liberi che non hanno interessi politici o economici, ma sono mossi solo dall’amore per la nostra Molfetta, per vederne migliorare il destino, anche se questo non sempre si è verificato.

Abbiamo detto subito che ci riconoscevamo nei valori della sinistra, in quelli salveminiani in particolare (e ancora oggi Salvemini continua a parlare attraverso i nostri articoli e a lanciare il suo messaggio antifascista sempre più attuale e necessario nella presente situazione politica). Non ci siamo mascherati, dietro una falsa obiettività, nemmeno gli storici lo sono come hanno ripetuto Maestri di giornalismo come Montanelli e Biagi, ma, sul loro insegnamento (e per chi come noi ha avuto la fortuna di conoscerli) abbiamo puntato ad essere onesti al servizio del Lettore e non del potere. Abbiamo accompagnato la breve primavera molfettese, quella di Paola Natalicchio, cancellata dagli interessi e da politici che hanno amato più le poltrone della città. E i risultati negativi sono sotto i nostri occhi.

Abbiamo l’orgoglio professionale, grazie, ormai, a quasi 60 anni di mestiere di essere stati i primi a credere nel cambiamento del giornalismo realizzato ben 28 anni fa, nel 1966, prima del Corriere della Sera e di Repubblica (con le dovute proporzioni) con il giornale web “Quindici on line”. Abbiamo fatto scuola, migliorando anche l’informazione complessiva locale e questo ci fa piacere, perché ipocrisia e invidia non fanno parte del nostro bagaglio personale. E la nascita di ogni nuova testata e attività editoriale non può che farci piacere: migliora la libertà e la democrazia complessiva, che oggi un governo postfascista vorrebbe limitare o sopprimere.
Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno permesso di raggiungere questo traguardo, lettori in primis, abbonati, sponsor pubblicitari, edicolanti, grafici, tipografi, senza dimenticare coloro che sono stati l’anima di questo giornale: redattori vecchi e nuovi, collaboratori storici e autorevoli, le migliori penne della città che ci onorano ancora oggi della loro presenza.

Viviamo tempi difficili e non ci nascondiamo le difficoltà che incontra ogni giorno la carta stampata. Un altro storico periodico “L’Altra Molfetta” ha chiuso l’edizione cartacea e ce ne dispiace, anche se, diversamente da loro, non abbiamo mai serbato rancore per gli attacchi anche personali ricevuti in questi anni. E facciamo loro gli auguri per la nuova avventura digitale.

Ma vogliamo anche fare noi gli auguri ai lettori, per un nuovo anno di pace e di libertà, perché senza la libertà non può esserci la pace, come dimostrano i conflitti nel mondo.
Serve una cultura della pace che passi dalla libertà, un bene che possediamo, ma che è sempre a rischio: ci può essere sottratto pezzo per pezzo, come sta avvenendo, senza che ce ne accorgiamo. Il fascismo è cominciato così. Il nuovo fascismo comincia allo stesso modo, riducendo la libertà di tutti, dai giornalisti ai magistrati, per imporre un potere senza controllo. Va salvaguardata la nostra Costituzione, primo presidio della nostra libertà e civiltà, una Carta fondamentale che si vuole stravolgere per imporre un sovranismo e un populismo pericolosi e che non ci appartengono. Una minoranza non può imporre le proprie volontà a tutti: questa è la negazione della libertà.

Intanto crescono l’odio e l’intolleranza, frutto anche della stupidità e dell’ignoranza, ormai dilaganti.
La mancanza del rispetto reciproco e dell’ambiente sono il primo passo verso la cultura dell’odio. L’altro non va visto come nemico, ma come soggetto, fratello che ci completa, favorendo la nostra integrazione nella società con la crescita dei valori che abbiamo dimenticato.
E’ la cultura della diversità, quella a cui dobbiamo tendere, altrimenti anni di civiltà saranno stati inutili, rischiando una regressione morale e materiale verso la barbarie. E la storia insegna, anche se non sempre ha scolari.

E quando penso alla diversità, mi riferisco in particolare a quelle osteggiate in questo tempo, dai migranti alle donne. Entrambi oggetto di aggressione e violenza proprio perché non si riconosce il valore principe, quello della libertà, per il quale uomini e donne hanno sacrificato la vita per perseguire il bene supremo che stiamo sottovalutando.

E la libertà passa anche per il diritto al lavoro, quando manca, soprattutto ai giovani che non lo trovano, ma anche a chi lo perde. La libertà passa anche per il diritto alla salute, sempre più precario, sempre più negato.

E a pagare il prezzo più alto sono sempre loro, i poveri e i fragili, tanto amati dal nostro don Tonino Bello, al quale tanti dicono di ispirarsi, in realtà solo a parole, mentre dimenticano i suoi insegnamenti nelle azioni quotidiane che sono quelle che contano di più.

La libertà vuol dire democrazia; quella che chi ci governa vuole toglierci per non avere più limiti nelle proprie azioni anche illiberali, ignorando i bisogni reali della gente, per fare spazio al superfluo e alla crescita ulteriore dei ricchi, dichiarandosi cristiani a parole e non nei fatti e nell’attività politica che dovrebbe tendere a redistribuire la ricchezza, non ad alimentarla, per garantire il bene comune.

Costruiamo insieme un futuro di libertà e di pace: è questo l’augurio che facciamo ai nostri lettori che ci seguono da ben 30 anni e li invitiamo a sostenere la libertà di stampa sempre più minacciata, sempre più negata e ridimensionata da chi vuole comandare senza governare, sopprimendo la prima libertà che è proprio quella di stampa.

Auguri di un felice 2024 a tutti i lettori di Molfetta e sparsi nel mondo ai quali abbiamo dedicato il tradizionale manifesto (realizzato anche quest’anno dal nostro Alberto Ficele) affisso sui muri di Molfetta e ispirato proprio alle penne libere.

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“Quindici” mesnile

15.1.2024

Felice de Sanctis
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